Quali erano i principali usi dei semi di lino?
Quando non venivano conservati per la semina dell’anno successivo i semi di lino venivano utilizzati per la produzione di farina e olio oppure sfruttati per le loro molteplici proprietà curative (sia interi che sotto forma di farina).
La farina era prodotta grazie alla macinatura, o privata o affidata a mulini come il Mulino del Daniello a Coldrerio, il Mulino del Ghitello a Balerna o il Mulino della Tana a Rancate, e veniva utilizzata soprattutto diluita o cotta in acqua per scopi medici. Il prodotto era chiamato "polentina", "pulentina", "puelentín" o "papina" ed era utilizzato sotto forma di cataplasma.
La farina di semi di lino poteva essere raffreddata e torchiata per la produzione di olio, che veniva utilizzato per l’alimentazione (quello più pregiato) e come combustibile per l’illuminazione (quello meno pregiato). Il prodotto di scarto della torchiatura era il “panello” (a Stabio detto "panèll"), una sorta di panetto di fibra utilizzato per il bestiame come integratore alimentare o per la cura dei disturbi digestivi.
I semi di lino, sia interi sia sotto forma di farina, erano utilizzati per curare anche molti disturbi umani, soprattuto legati alle vie respiratorie (raffreddore, mal di gola, tosse, bronchite, polmonite, etc.).